sabato 1 marzo 2014

I 4 nuovi "delitti" contro l'AMBIENTE

Sui reati ambientali è stato raggiunto un obiettivo importante, visto che alla Camera è stata approvata una legge, che fa rientrare proprio nel gruppo dei “delitti contro l’ambiente” questi reati:
  • il disastro ambientale
  • l’inquinamento
  • il traffico e l’abbandono di materiale radioattivo  
  • l’impedimento di controllo
Queste tematiche trovano pieno spazio all’interno del codice penale, volendo contrastare con forza i fenomeni di illegalità che sono collegati proprio alla salvaguardia della natura. Il tutto dovrebbe essere accompagnato da un altro impegno importante, che possa comportare la riduzione della burocrazia e il rafforzamento dei controlli.



Esultano, da questo punto di vista, gli esponenti del Centro-Sinistra e del Movimento 5 Stelle. Questi ultimi hanno sottolineato come, con l’approvazione del provvedimento legislativo, ci saranno finalmente delle regole certe ed efficaci, che possono valere sia per la prevenzione che a scopo punitivo, una volta commesso il reato, con sanzioni ragionevoli. Esultano anche le associazioni del settore, che hanno potuto vedere anche l’inserimento del reato di frode all’interno del codice dell’ambiente. E’ stato fatto notare che quest’ultimo passo
è essenziale, specialmente in relazione a dei casi, come quelli di cui si è parlato molto negli ultimi tempi, come l’Ilva di Taranto o il biomonitoraggio relativo ai prodotti alimentari che provengono dalla Terra dei Fuochi. Adesso si attende la prossima mossa, perché il Parlamento potrebbe dare il via libera rapidamente anche ad una legge che riguardi la revisione delle agenzie ambientali, in modo da dare il giusto sostentamento alle imprese migliori, evitando che il Paese in molti casi persegua fenomeni di economia nera.

In base a quanto è stato stabilito dall’articolo 4 del decreto Destinazione Italia, lo Stato avrebbe intenzione di effettuare una sorta di condono sulle bonifiche. Nello specifico si pensa alla possibilità di sottoscrivere un accordo fra proprietari di aree inquinate e il Ministero, in modo che le zone in questione possano essere bonificate o messe in sicurezza. I proprietari potrebbero ottenere, sempre per mezzo di fondi pubblici, delle agevolazioni nella riconversione industriale di alcuni luoghi. Di conseguenza lo Stato italiano interverrà direttamente dando un aiuto economico per rimettere in sesto i siti di interesse nazionale contaminati. Questi provvedimenti governativi non sono piaciuti affatto a molti movimenti, associazioni e comitati di tutela ambientale, i quali hanno deciso di intraprendere una battaglia, per contrastare le decisioni statali. E’ stata convocata anche una conferenza stampa a Montecitorio, alla quale parteciperanno i sindaci che vivono in maniera pesante l’inquinamento industriale dei loro territori. Fra questi ci saranno anche i primi cittadini di Brindisi e di Priolo.
Gli oppositori all’articolo 4 del decreto legge Destinazione Italia, tra l’altro, hanno messo in luce che non è stato fissato nemmeno un limite vero e proprio per quanto riguarda l’importo dato in base ad un eventuale sostegno pubblico. Non si sa, quindi, a quanto potrebbero ammontare complessivamente i finanziamenti, mentre, nel frattempo, lo Stato ha cercato di mischiare le carte in tavola, declassando 14 siti di interesse nazionale a competenze regionali. Secondo i deputati del Movimento 5 Stelle, che si sono dichiarati contrari al provvedimento governativo, la priorità deve essere rappresentata dalla sostenibilità ambientale e dalla salute dei cittadini. Secondo i rappresentanti del movimento di Beppe Grillo non si può risolvere il tutto con una certificazione di bonifica, che finirebbe con il creare una mancanza di equità negli interventi.
Dal 2007 ad oggi
L’argomento dei reati ambientali è stato sempre molto discusso. Con la legge approvata vengono introdotte delle novità anche per ciò che riguarda i termini di prescrizione raddoppiati, la responsabilità non più solo a carico degli individui, ma anche delle aziende. Inoltre sono stati stabiliti i termini del cosiddetto ravvedimento operoso, che introduce degli sconti di pena se si provvede alla bonifica. La legge approvata dalla Camera ritiene che l’associazione ecomafiosa costituisca una circostanza aggravante e determina la confisca obbligatoria dei guadagni conseguiti attraverso il reato.
Ma non è stato sempre così, perché nel corso del tempo la questione ha sempre suscitato parecchie polemiche, in quanto le norme non sono state sempre particolarmente dure nei confronti di chi inquina. Con il disegno di legge approvato il 24 aprile del 2007 sono state introdotte delle novità. Fra queste, sono stati previsti i delitti ambientali eseguiti in forma organizzata ed è stata stabilita la sanzione per danno economico. Secondo questo principio, veniva affermata la possibilità di una reclusione da 2 a 6 anni oppure si poteva ricorrere, in alternativa, a delle multe da 20.000 a 60.000 euro. Veniva, comunque, chiarito che tutto ciò sarebbe stato applicato soltanto quando l’inquinamento ambientale non poteva essere risanato a causa di complessità dal punto di vista tecnico.
I dati
In base ad un dossier presentato da Legambiente, sono emersi dei dati veramente allarmanti. Si è visto che dal 2010 al 2012, in soli 3 anni, sono stati registrati 5.349 reati ambientali. La cifra è notevole, anche perché evidenzia un aumento del 32,18%. Il tutto è accompagnato da un incremento del 75,28% per quanto riguarda gli illeciti amministrativi collegati ai danni nei confronti del patrimonio naturale. Ci sarebbe poca trasparenza, avverrebbero molte illegalità e il tutto sarebbe soggetto a delle lentezze burocratiche, che vanno a danno soprattutto delle aree protette. La criminalità ambientale agirebbe indisturbata, senza che, fino a questo momento, le norme in vigore possano rivelarsi del tutto efficaci.
I casi più eclatanti di inquinamento
In Italia ci sono dei casi particolarmente eclatanti in termini di inquinamento ambientale. Sono delle vicende che sono giunte alla ribalta della cronaca e che hanno suscitato parecchie polemiche. Pensiamo, ad esempio, da questo punto di vista, alla storia dell’Ilva di Taranto. L’industria avrebbe provocato una serie di problemi legati non soltanto alla tutela del territorio, ma anche possibilmente in collegamento con la salute pubblica. In questa storia si è sempre registrato un conflitto fra la tutela dei posti di lavoro e la possibilità di provvedere alla salvaguardia dell’ambiente. Il tutto ha avuto anche delle implicazioni politiche di non poco conto, visto che sono emersi anche degli aspetti poco chiari sul ruolo che gli amministratori avrebbero avuto nella vicenda.


Sempre riguardanti la protezione della salute pubblica sono stati i fatti della Isochimica di Avellino. Nei dintorni della fabbrica dismessa si sarebbero accumulati tantissimi blocchi di amianto, i quali potrebbero avere delle ripercussioni molto forti in termini di condizioni sanitarie. Poco è stato fatto per intervenire sul caso e provvedere in maniera adeguata ad una risoluzione efficace. Spesso dietro ai reati ambientali ci sono le ecomafie. Nella cosiddetta Terra dei Fuochi, in Campania, la criminalità organizzata ha provveduto illecitamente allo smistamento dei materiali tossici, anche nel sottosuolo, la cui verità è venuta alla luce in seguito alle rivelazioni del collaboratore di giustizia Carmine Schiavone. Anche in questo caso l’impatto sull’ambiente e sulla salute dei cittadini sarebbe incredibile, con il rischio di coinvolgere tutto il nostro Paese in seguito al commercio di prodotti agricoli coltivati sui territori contaminati.

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